Questa domenica, 14 settembre, la liturgia arresta il corso ordinario per celebrare la festa della “Esaltazione della santa Croce“.
Sembra strano festeggiare l’arma che ha causato la morte al Signore. Tuttavia, nella ricorrenza di oggi non s’intende celebrare uno strumento di morte, ma di vita. La fede, infatti, ci fa riconoscere nella Croce un’insegna di vittoria, abbracciando la quale Gesù ha sconfitto il male. Un’insegna, dobbiamo ammetterlo, del tutto paradossale, perché mostra che Dio vince proprio quando umanamente appare sconfitto; dona la vita quando agli occhi di tutti è un cadavere; ci fa ricchi della sua divinità quando resta nudo nell’umanità.
Quando, oggi, ci metteremo in preghiera davanti ai Crocifissi esposti nelle nostre chiese, ricordiamoci che l’adorazione del Signore dobbiamo continuarla fuori dagli edifici sacri, nelle strade che percorriamo e nei luoghi che abitiamo ogni giorno, dove Gesù continua a sanguinare dietro occhi bagnati di lacrime, mani tremanti e respiri ansimanti.
Quando, oggi, alzando gli occhi, guarderemo le ferite del Crocifisso, pensiamo che in quelle piaghe è racchiusa ogni nostra sofferenza, ma sono racchiuse pure le sofferenze del mondo intero: quelle dei bimbi di Gaza, e degli israeliani prigionieri del terrorismo; delle madri ucraine, e dei giovani russi mandati sul fronte come carne da macello; dei neonati deperiti in Africa, e dei profughi che fuggono da violenze e povertà; di chi non ce l’ha fatta a sopportare i morsi della depressione, e di chi lotta contro malattie incurabili; degli anziani lasciati nella totale solitudine, e di chi vive il peso sociale ed economico di questo tempo.
Che il Signore ci conceda di intravedere, negli occhi sofferenti di questi crocifissi, il suo sguardo, e nel loro grido la sua preghiera.
Commento all’omelia della festa dell’esaltaziine della santa Croce, del parroco, don Michele Fontana